lunedì 10 maggio 2010

Piccola storia di provincia


La Giù sotto il faro della stazione (o la torre civica)

C'era una volta una bambina che lo sport l'aveva sempre visto in televisione, anche perché viveva a Torino, e quindi o Juve o Toro, ma allo stadio neanche a parlarne.
A dieci anni la bambina si trasferisce in provincia e scopre che la nuova città ha una squadra di pallavolo e, sarà stato il '91 o il '92, scopre che quella squadra, nonostante sia in A1, non gioca in un palazzetto vero, ma in una specie di tendone da circo a strisce biancazzurre praticamente dietro casa sua.

Succede che va a vedere una partita. Succede cha da buongustaia in erba sa che uno sport giocato da 12 individui alti più di un metro e ottanta e portatori sani di addominali ha il suo perché.

Da allora iniziano più di dieci anni di abbonamento, di partite la domenica sera o il sabato pomeriggio. Di coreografie dei Blu Brothers che son le più fighe, niente da dire.

Anni di andate e ritorni a piedi dal palazzetto dello sport, quello vero, finalmente, ma a San Rocco Castagnaretta, ché alla fine è vicino uguale. Di andate e ritorni con la macchina, nell'autoscontro per uscire dal parcheggio fangoso.

Anni di chinonsaltamodeneseè - è.

Di anni in cui abita a Torino e allora l'abbonamento a malincuore non lo fa, ma alle partite importanti c'è.

Di giocatori che si ricorda per i capelli (Lucchetta), perché sono stati la sua prima cotta sportiva (Jan Hedengard), quelli che è contenta se tornano al palazzetto anche se ora hanno la panza (Ganev), quelli che prima li mandava a f****lo perché giocavano contro di noi e poi se li trova in squadra (Sartoretti), quelli che continua a mandarceli perché così deve essere (Bernardi), giocatori che han tradito e allora basta (Papi) o quelli che applaudiva anche se portavano ormai una maglia diversa. Quelli dell'autografo sul poster ufficiale, che lo andava a chiedere subito dopo le partite vinte bene. Quelli che incontrava mentre portavano a spasso i figli sotto i portici, perché la cosa che le è sempre piaciuta di più è che fossero così normali e accessibili.

Di tanti e tanti campionati finiti al primo posto in classifica e persi ai playoff, che pensi perché non funziona come nel calcio che a quest'ora...

E arriva il 2010 e Cuneo è in finale, e mentre ha negli occhi ancora le partite delle scorse finali contro Treviso, sa che quest'anno o la va o la spacca, buona la prima, solo la bella.

E quando inizia la partita per un momento ha paura perché Trento che ha già vinto tutto gioca da paura, mentre Cuneo sembra essersi assentata un attimo per prendere il caffè.
Poi Cuneo torna, e non ce n'è più per nessuno.

Grazie, Cuneo. Formidabili quegli anni, e tutti quelli che verranno.

2 commenti:

Un tuo omonimo ha detto...

Eh si...

Mi hai fatto tornare i brividi.

Un pezzo della mia vita.

La Giù ha detto...

ciao omonimo! ed è una storia che continua...

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